22 dicembre 2010

"Castelli Romani e Arte Pubblica” - Testimonianza di Gillo Dorfles

"Uno dei fenomeni che colpisce maggiormente lo straniero che giunga in Italia, o anche l’italiano che faccia ritorno in patria dopo un lungo soggiorno all’estero, è la straordinaria qualità “architettonica” del paesaggio. Soprattutto chi giunge dagli USA o dall’America Latina - dunque da continenti con scarse memorie storiche - rimane affascinato dalle costanti interferenze tra zone agricole e abitazioni rurali, tra città e campagna, e soprattutto dalla particolare eccellenza “compositiva” di alcune vaste zone da tempo abitate e facenti parte di antiche e gloriose civiltà autoctone (come l’Etruria, la Campania, la Sicilia, ecc...). In altre parole: il dialogo tra le aree edificate (castelli, villaggi, chiese, cascine) e il mondo circostante ci rivela subito quali misteriosi legami si sono venuti costituendo tra il paesaggio e gli artefatti umani in alcune regioni del nostro Paese: come la Toscana, la Campania, e anche nel caso specifico di cui oggi intendiamo trattare: i Castelli Romani, da Marino a Velletri, da Nemi a Albano o Grottaferrata.
Ma quello che dovrebbe innanzi tutto preoccupare l’abitante del presente che ha avuto sotto gli occhi sin dalla nascita lo spettacolo di straordinaria armonia del suo ambiente, è di poter preservare e eventualmente migliorare questo rapporto, rendendosi conto come questa armonia - anche quando appare del tutto “spontanea” - è in realtà dovuta all’intervento costante dell’uomo e che è di massima importanza mantenere e possibilmente accrescere questo legame di reciproca intesa tra la Natura e l’Artificio. “Artificio”, che può consistere nella centrale elettrica, come nella chiesa, nel terminal aeroportuario come nell’antico palazzo feudale, nel grattacielo come nel supermercato, studiando accuratamente quale possa essere il miglior progetto capace di determinare l’invidiabile rapporto esestente tra le premesse naturali e le creazioni artificiali realizzate dall’uomo.
La zona dei Castelli Romani, tra le tante, è una di quelle che si prestano molto bene a valere da esempio per una attuale e futura possibilità du nuovi interventi da inserire in un paesaggio urbano e agreste già cosi ricco di situazioni naturali e di presenze storiche e artistiche...
...Credo tuttavia che l’urgenza e la “necessità” di studiare questo rapporto sia fondamentale e debba essere considerato attentamente proprio per evitare certe infelici soluzioni, di cui purtroppo siamo spessi testimoni.
Un primo quesito che si pone a questo proposito è quello da sempre dibattuto: fini a che punto si avverte oggi la necessità di inserire nuove opere pubbliche in uno spazio pubblico; non solo entro le cerchia urbane, ma nei tanti “spazi vuoti” delle periferie, degli svincoli stradali, delle oasi ancora esistenti in mezzo alle grandi arterie del traffico? Fino a che punto, in altre parole, ha diritto di esistere una “arte puibblica”, una progettazione plastica o pittorica che possa essere inclusa in un panorama già esistente, senza distruggerlo?
Ritengo - anche a prescindere da ogni valutazione critica - che sia di notevole peso la realizzazione di determinate strutture che possono presentare innanzitutto una funzione spiccatamente “semantica”.
In altre parole: come un viale di cipressi, un albero millenario, uno sperone roccioso, sono in grado di movimentare un paesaggio di per sè monotono e poco attraente, così la presenza di importanti strutture architettoniche e plastiche - poste nei punti più strategici - potranno offrire all’ambiente circostante una “riconoscibilità” (una “semantizzazione”) del tutto essenziale: avranno, dunque, la funzione di verie propri modulatori segnaletici di un territorio...
...A questo proposito mi sembra ancora una volta opportuno di ribadire come sia necessario tornare a coinvolgere la cittadinanza (anche di piccoli nuclei urbani ed extraurbani) nella creazione, visualizzazione, e critica di monumenti o comunque di nuove strutture pubbliche.
Soltanto attraverso la familiarizzazione con le correnti artistiche attuali, sarà possibile che anche “il grosso pubblico” possa aggiornarsi e partecipare alla valutazione di quanto viene offerto dall’arte e dall’architettura dei nostri giorni."

Gillo Dorfles

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